Olio e pastelli..

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La persona che vi presento oggi si chiama Elisa Anfuso ed è una pittrice.
Lei però non dipinge quadri, ma sogni. Le sue opere sono come bolle di sapone, delicate e pronte a sparire da un momento all'altro.
Bambole in carne ed ossa, uccellini e piccoli origami abitano i suoi candidi mondi senza tempo.


Io me ne sono innamorata subito. Mi affascina quel velo di mistero che avvolge le sue opere e incanta, trasportandoti altrove.
Voi cosa ne pensate?

Elisa Anfuso - I am a coloured dreamer

Di seguito l'intervista:

- Ciao Elisa, di dove sei?
• Catania. Città così solare per il mio animo tendenzialmente crepuscolare!

- Quando hai iniziato a dipingere? 
• Ti direi che non ne ho memoria, che dipingo da sempre. In realtà la coscienza della mia pittura è una conquista tutto sommato recente, degli ultimi 5 o 6 anni. Ed è una conquista sempre nuova. E forse non è nemmeno una conquista, se non una conquista continua. 

- Come nasce  questa passione? Ti ha indirizzato qualcuno o qualcosa in particolare?
• Questa volta ti rispondo davvero che non ne ho memoria. Nei i miei ricordi più remoti, io sono una bambina che trascorre le domeniche pomeriggio china sul tavolo in cucina, papà con le sue tempere ed io con le mie matite. Non avevo bisogno di essere indirizzata. Anzi, a dirla tutta, fu proprio il contrario (ma questa è un'altra storia, quella del «Cosa vuoi fare da grande? » «L'artista!» «L'artista? Ma cos'è che abbiamo sbagliato con te?»). Non ho mai nemmeno ponderato la possibilità di scelta riguardo all'indirizzo da dare alla mia vita, mi è sempre sembrato naturale fosse questo.

- Cos'hai studiato?
• Istituto d'Arte e Accademia di Belle Arti, sezione pittura. Poi ho frequentato il biennio specialistico e mi sono abilitata all'insegnamento delle discipline pittoriche (ma anche questa è un'altra storia, quella delle graduatorie e del concorso e dei precari e di quelli che nemmeno precari saranno mai).

- Ricordi del tuo primo dipinto? E della tua prima mostra?
• Ricordo alcuni primi dipinti, ma uno in particolare "I am a coloured dreamer". E ricordo anche alcune prime mostre, ma una in particolare "SOgNO". Primo dipinto e prima mostra di una nuova fase della mia vita, artistica e non solo. Ricordo la galleria (Artesia, Catania) con rami e fili e orologi e sedie e scarpette che sembravano essere uscite fuori dai quadri. Ricordo il bellissimo testo di Giuseppina Radice e la sensazione, mai provata davvero prima di allora, che la mia pittura potesse parlare per me, di me e con me.

Sono grande La mia  testa tocca il tetto e devo un po’ piegarmi È un mondo piccolo
ma è mio Lo guardo lo accarezzo col mio sguardo Ma la mia ombra è lieve non farà crollare il castello La mia casa è il cassetto dei miei giocattoli Ho dentro tutti i sogni del mondo Sono io il custode Sono io il mio sogno Sono io tutti i sogni del mondo 
(G. Radice)

- Cosa rappresenti nei tuoi quadri? Di cosa parlano e da dove nasce l'ispirazione?
• La mia ispirazione in realtà è più un'urgenza. Quella di un continuo sguardo dentro-fuori, quella di un'introspezione e di una riflessione sugli equilibri che reggono questa nostra esistenza, l'urgenza del calarmi sempre più in profondità, in quella dimensione di indistinto in cui è da ricercare l'origine. Cerco di darmi un senso, in qualche modo. Non m'importa il come delle cose ma il perché. 

- Il tuo ultimo quadro? Il prossimo?
• L'ultimo è Wonderland is gone (meno male che Silvan c'è), opera dedicata alla mia Italia, alle meraviglie perdute, alle meraviglie divorate, alle briciole di meraviglie avanzate. 
Il prossimo non ha ancora un titolo (mi è sempre così difficile trovare parole, poche, per le mie visioni!) ma racconta la favola di un albero che voleva arrivare al cielo ma solo quando i suoi frutti son stati così maturi da cadere, si è ritrovato così leggero da poter volare.

- Che rapporto hai con i sogni? E con la realtà?
• Abbiamo costruito la nostra civiltà sulla netta separazione di bene e male, luce e ombra, conscio e inconscio, come se una cosa non potesse essere anche un'altra, come se non ci fosse nemmeno un linguaggio atto ad ospitarlo, quest'"altro". Abbiamo dimenticato quella dimensione di indistinto cui mi riferivo prima. Così pare che la ragione abbia relegato nell'ombra l'inconscio e così pare pure che nei sogni questo riesca a liberarsi dal controllo dispotico e, esprimendosi per simboli, trovi il modo di venir fuori. Sarebbe bello se potessimo essere tutti sognatori alla luce del sole.

- C'è qualcosa che ti fa paura?
• La solitudine, la crescita in cattività, le tentazioni, le coccinelle.

- Obiettivi e speranze future?
• Riuscire sempre a dialogare con la mia pittura, e a permetterle di salvarmi.

Elisa Anfuso - Wonderland is gone
Grazie Elisa della disponibilità e di questa occasione di riflessione.
Potete approfondire, visitando le sue pagine:

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